Recentemente si sente parlare sempre più spesso di mindfulness e, come tutto ciò che viene trasmesso per passaparola, sta acquisendo significati e sfaccettature mal comprese che appaiono essere, di conseguenza, errate. A scanso di equivoci, di seguito vi saranno esposte alcune tra le “leggende metropolitane” più in voga riguardo la pratica della mindfulness.
I miti da sfatare sulla Mindfulness
1. Avere la mente sgombra
Hai mai provato a non pensare a nulla? Qualcuno ti ha mai incitato a fare ciò? Qualora tu abbia già provato, ti sarai sicuramente accorto dell’impossibilità a raggiungere tale obiettivo. Tutti noi siamo incapaci di non pensare, la nostra mente è qualcosa di costantemente attivo. Perfino quando dormiamo non cessa la sua attività! La padronanza di essa non ci appartiene completamente e il continuo pensiero deriva da un nostro adattamento evolutivo, poiché il pensare costantemente è esattamente ciò che ci ha permesso di sopravvivere ed evolverci.
Dunque, la pratica della mindfulness, per quanto possa permettere di riscontrare molti effetti positivi, non ci chiederà mai di svuotare la mente, poiché chiederebbe l’impossibile e ciò provocherebbe solo frustrazione per il fallimento provato. Ciò che veramente viene richiesto dalla mindfulness è di notare ciò che fa la mente in ogni momento, non lasciarla mai sola fino ad essere consapevoli che stiamo pensando quando stiamo pensando. Così facendo, la mindfulness ci avvicina alla prospettiva che ci guida a capire che i pensieri non rispecchiano per forza la realtà, ci permette di capire quali sono i pensieri inutili e ingannevoli, spingendoci a smettere di inseguirli e insegnandoci che a cercare di bloccarli o ad evitarli si ottiene il risultato opposto. È importante raggiungere i pensieri per noi più scomodi, in modo da visualizzarli, cogliere la loro essenza irrazionale e, dunque, smettere di essere ossessionati da loro. Ciò a cui si mira non è la mera cancellazione dei pensieri, ma la scoperta di essi.
2. Diventare impassibili
Sono molte le persone che credono che la pratica mindfulness possa servire a liberarsi dalle emozioni spiacevoli. Ciò può diventare davvero allettante quando ci troviamo in un periodo per noi difficile, che ci reca particolare turbamento. Potremmo assecondare l’istinto di fuga e scappare da ciò che ci rende tristi, arrabbiati o tesi, ma la mindfulness ha anche questa volta l’effetto opposto. Ciò che permette di fare è percepire tutte le emozioni che ci coinvolgono in modo da diventare più sensibili ad ogni loro sfumatura.
Tutte quelle azioni che si mettono in atto proprio per distrarsi dalle emozioni che ci fanno stare male, molto probabilmente continueranno ad essere svolte, ma con un livello di consapevolezza parecchio diverso dopo aver imparato a cogliere le proprie emozioni tramite la mindfulness. Più nello specifico, ciò che cambia è l’attenzione posta a ciò che c’è dietro un determinato comportamento difensivo: questa si acuisce e permette di cogliere il tipo di stato d’animo connesso e, spesso, il motivo che lo scatena.
3. Ritirarsi dalla vita
Poiché in origine le pratiche di meditazione sono state sviluppate da monaci ed eremiti, spesso si finisce col presumere che queste implichino il ritiro da una vita ricca e piena. Ebbene, anche questo aspetto è da smentire. La mindfulness ha proprio un obiettivo diverso: vivere appieno le vicissitudini della vita, ossia a tutto tondo in maniera intensa. Il vero e proprio ritiro non esiste, poiché anche quando si è completamente soli, la mente è tesa a sintonizzarsi verso il mondo interpersonale, facendoci riflettere sugli altri e su noi con gli altri.
4. Evasione dal dolore
Invece che evitare il dolore, le pratiche mindfulness aiutano ad aumentare la propria capacità di viverlo. Facilmente si potrebbe sentire che, invece, questa tecnica aiuti a risolvere particolari sofferenze ma, in realtà, quello che fa non è altro che chiedere di astenersi da ciò che normalmente si compie per alleviare il dolore. Uno degli esempi maggiormente utilizzati per insegnare la mindfulness è quello in cui viene richiesto di non grattarsi qualora si dovesse sentire prurito durante la pratica meditativa, bensì di analizzare le sensazioni provate, notando gli impulsi che affiorano, senza metterli in atto. Il riuscire a stare con le esperienze spiacevoli permette di aumentare la propria capacità di sopportazione, tramite l’accettazione del dolore e non con la resistenza ad esso.
5. Convertirsi ad una nuova religione
Nonostante sia vero che molte tecniche mindfulness derivino dal buddhismo o da altre tradizioni religiose, la loro origine non sancisce, per chi le pratica, il battesimo ad una nuova religione mai conosciuta finora. Sono molte le persone, infatti, preoccupate che praticare la meditazione di consapevolezza sia un po’ come rinnegare la propria religione. La mindfulness, però, si fonda su basi ben diverse da quelle delle principali religioni, poiché se si pratica tale meditazione non ci si scontrerà mai con il concetto di fede. Tutt’altro! Quello che viene chiesto è di constatare sulla propria pelle ogni genere di sensazione, sperimentare gli effetti della mindfulness in prima persona, per potersi accertare dei benefici della stessa.
Questi sono solo alcune delle false credenze sulla mindfulness.
Essa, dunque, è ben diversa da come molte persone pensano che sia e proprio per questo motivo è bene conoscerla in maniera diretta, in modo da essere noi stessi i primi a scardinare i propri pregiudizi.
Se sei interessato anche tu ad entrare in contatto con questa tecnica, non esitare a contattarmi per prendere un appuntamento.
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Psicologa clinica e psicoterapeuta a indirizzo cognitivo costruttivista, esperta in psicologia giuridica, CTU per il Tribunale di Brescia, formatrice. Si occupa di disturbi d’ansia, disturbo ossessivo-compulsivo, disturbi dell’umore, disturbi dell’apprendimento.