Probabilmente, la maggior parte di noi si è sentita dire o ha detto, almeno una volta nella vita, frasi come “Con il tempo tutto passa”, “Il tempo cura ogni ferita”.
Purtroppo, la verità è che il tempo non guarisce affatto tutte le ferite, se queste non vengono rielaborate.
Uno dei principi cardine alla base del modello EMDR è l’esistenza di un sistema innato di elaborazione delle informazioni che permette il raggiungimento di uno stato di salute mentale. Il sistema, tuttavia, può essere sbilanciato da esperienze negative o traumatiche, che possono ostacolare i collegamenti interni che sono necessari per elaborare in modo efficace e adattivo queste esperienze. In questi casi, il ricordo dell’esperienza stressante rimane conservato nella nostra memoria così come è stato vissuto, assieme ai pensieri, le emozioni e le cognizioni che lo accompagnavano, generando così reazioni automatiche di sofferenza e disagio, e portandoci a continuare a provare le stesse emozioni riguardo a eventi accaduti anche molti anni prima.
Attraverso il metodo EMDR, si va a stimolare e riattivare questo sistema innato di elaborazione delle informazioni, permettendo la rielaborazione dell’esperienza traumatica, attenuandone la carica emotiva negativa e utilizzando l’esperienza in modo costruttivo.
Perché reagiamo in modo automatico?
Partendo da un piccolo esperimento è possibile comprendere come il nostro cervello sia programmato per rispondere in modo automatico agli eventi e agli stimoli cui si trova di fronte.
“Sopra la panca la capra canta”. Qual è la prima cosa che vi è venuta in mente? La maggior parte delle persona risponderà: “sotto la panca la capra crepa”. Questo semplice esempio mette in evidenza come il nostro cervello sia programmato per reagire, come il resto del corpo. La reazione è stata completamente automatica, e risposte di questo tipo possono essere molto utili in determinate situazioni e sono anche una manifestazione del potere della nostra mente, ma non tutte le reazioni sono positive.
Le esperienze vissute durante l’infanzia e quello che abbiamo appreso, sono fattori di fondamentale importanza per la nostra crescita e gli effetti di queste esperienze possono ripresentarsi in modo automatico per tutta la vita, senza che noi ce ne rendiamo conto. Queste esperienze possono arrivare a governare le nostre reazioni a tutti gli eventi che ci capitano e a tutte le persone che incontriamo, in modo completamente inconsapevole.
Ne deriva che molte delle emozioni e dei comportamenti che ci fanno soffrire sono sintomi derivati da questo sistema di ricordi immagazzinati nel nostro inconscio.
Ecco un esempio per cercare di comprendere come gli eventi della nostra infanzia possano influenzarci e guidarci nei comportamenti e nelle emozioni anche dopo tanti anni, e in modo assolutamente automatico e inconsapevole.
Questa è la storia di Giulia, una donna bella e intelligente che sceglie sempre uomini emotivamente non disponibili. Quando la relazione si fa più seria, Giulia inizia sempre a comportarsi in modo molto appiccicoso, e il ragazzo di turno decide di chiudere la relazione. A questo punto, Giulia si avvinghia alle gambe del ragazzo e, piangendo istericamente, lo prega di non lasciarla.
Attraverso la terapia, è emersa la connessione tra questo comportamento e un episodio accaduto all’età di sei anni: era una notte con un violento temporale e lei ebbe molta paura e cominciò a piangere e gridare chiamando i genitori disperatamente. Ma i genitori, che si trovavano al piano di sotto, non la sentirono a causa del temporale e, quindi, non la soccorsero. Lei, alla fine, si addormentò piangendo.
Durante quel forte temporale, la piccola Giulia provò un’intensa paura e credette di essere in pericolo. Il fatto che i genitori non siano andati in suo soccorso l’ha portata a credere che, in caso di bisogno di aiuto, sarebbe stata abbandonata. Questo ricordo, non elaborato e immagazzinato nel cervello in modo da contenere ancora le emozioni, le sensazioni e le convinzioni sperimentate a 6 anni, viene suscitato ogni volta che un fidanzato la lascia. In questi momenti, Giulia non reagisce da persona adulta, ma da bambina abbandonata al buio, durante una tempesta. Le due esperienze vengono messe in relazione in quanto sono entrambe associate alla solitudine e all’abbandono, e questo è il motivo per cui lei vive la fine della relazione come “una situazione di pericolo”.
La terapia EMDR ha come obiettivo proprio i ricordi non elaborati che contengono emozioni, sensazioni e convinzioni negative. Attivando il sistema di elaborazione delle informazioni si impara a dare significato a ciò che è utile e a scartare ciò che è inutile, e in questo modo il ricordo viene immagazzinato in modo funzionale, senza provocare più sofferenza.
Nel caso di Giulia, per esempio, il terapeuta ha iniziato il lavoro concentrandosi sul ricordo del temporale e, contemporaneamente, sulla sensazione di solitudine e pericolo. Grazie all’elaborazione del ricordo del temporale, le sensazioni infantili di paura e terrore sparirono e vennero sostituite dal senso di salvezza, e dalla convinzione che, da persona adulta, ora avrebbe saputo prendersi cura di sé. Allo stesso tempo, si risolse anche il problema dei fidanzati, in quanto grazie alla consapevolezza di sé e della propria esperienza raggiunta da Giulia, iniziò anche a scegliere i fidanzati in modo diverso.
Il sistema di elaborazione delle informazioni
Come accennato prima, il nostro sistema di elaborazione delle informazioni, quando lavora in modo funzionale, prende in considerazione principalmente le informazioni che ci rendono più adatti alla sopravvivenza; a questo scopo istituisce connessioni con ciò che è utile, lasciando andare il resto.
Ecco un esempio che può essere utile per comprendere a pieno l’utilità o meno delle connessioni: immaginate di aver litigato con il/la compagno/a. Probabilmente sperimentate rabbia, rancore, ansia, paura, e forse avete pensieri negativi su di lui/lei e su voi stessi. Vi allontanate, pensate a quello che è successo, a quello che vi siete detti, ne parlate, andate a dormire e forse lo/la sognate. Probabilmente il giorno dopo non vi sentirete più così male e sarete maggiormente in grado di decidere cosa fare.
Questo è il modo attraverso il quale il nostro sistema di elaborazione delle informazioni prende un’esperienza negativa e stressante, e avvia il processo di elaborazione e apprendimento. Questo processo si svolge tipicamente, e in gran parte, durante il sonno REM (Rapid Eye Movement, Rapidi Movimenti Oculari). Gli scienziati ritengono che in questa fase del sonno il nostro cervello elabori i desideri, le informazioni utili alla sopravvivenza e ciò che si è imparato durante la giornata.
Dopo l’elaborazione delle informazioni, quindi, il ricordo della discussione tendenzialmente si è collegato alle informazioni più utili già immagazzinate nel nostro cervello, come, ad esempio, esperienze già vissute con il/la compagno/a. E grazie alla connessione tra questi ricordi e l’episodio negativo che è appena successo, l’esperienza dell’evento cambia. Ad esempio, ci si può rendere conto che una lite simile era già successa tempo prima e che alla fine si era sistemato tutto.
Dal litigio, quindi, ne traiamo e impariamo ciò che è utile e il nostro cervello lascia andare quello che non lo è. Le emozioni negative e il dialogo interno suscitati dalla lite svaniscono, in quanto non sono più utili; e il ricordo dell’evento viene immagazzinato nel cervello in una forma che in futuro potrà essere utile per guidarci in modo funzionale in una situazione simile.
Quando nel presente abbiamo reazioni automatiche negative simili, spesso è perché sono collegate a ricordi del passato non elaborati. Il sistema di elaborazione delle informazioni, sopraffatto da un evento disturbante, ha immagazzinato il ricordo in modo isolato, senza connetterlo a qualcosa di più utile, e in questo modo questo ricordo non può modificarsi. Questa è la ragione per la quale non è vero che il tempo guarisce tutte le ferite e possiamo provare ancora rabbia, risentimenti, dolore o altre emozioni riguardo a eventi accaduti molti anni fa. È come se questi sentimenti restassero congelati nel tempo e le esperienze non elaborate diventassero il fondamento dei problemi emotivi attuali.
Come è nata e come funziona l’EMDR?
L’acronimo EMDR sta per Eye Movement Desensitization and Reprocessing (Desensibilizzazione e Rielaborazione attraverso i Movimenti Oculari). Nasce a seguito della scoperta, del tutto casuale, di Francine Shapiro, circa i movimento oculari. Durante una passeggiata nel parco si accorse che pensieri che prima le “martellavano” in testa erano spariti. Prestando particolare attenzione si accorse che quando questo genere di pensieri le venivano in mente, i suoi occhi iniziavano a muoversi diagonalmente e, dopo, i pensieri si allontanavo e i suoi sentimenti cambiavano.
È a partire da questa piccola scoperta che Francine Shapiro iniziò i suoi studi e piano piano arrivò a definire quella che oggi è la terapia EMDR, della quale vi sono numerosi studi che ne confermano l’efficacia nel trattamento dei traumi.
Durante la terapia EMDR, che, appunto, si avvale di questi movimenti oculari, il terapeuta guida i pazienti ad accedere alle esperienze passate che stanno alla base dei problemi attuali. Una volta individuate, analizzano insieme le esperienze presenti che causano sofferenza e, attraverso la stimolazione di connessioni cerebrali data dai movimenti oculari, incorporano nelle reti di ricordi nuovi apprendimenti e punti di vista necessari per funzionare bene in futuro.
Attraverso la terapia EMDR, la persona non solo è in grado di affrontare i sintomi più evidenti e disturbanti di un problema, ma può giungere a cambiamenti ben più ampi, che influiranno su tutti gli ambiti della sua vita. Questi cambiamenti possono avvenire perché le reti mnesiche su cui si basa il trattamento EMDR contengono associazioni di grande importanza per tutte le nostre reazioni, interazioni, comportamenti, emozioni.
Secondo alcune teorie, i movimenti oculari usati durante la terapia stimolerebbero lo stesso tipo di connessioni che avvengono durante il sonno REM, momento in cui, come già accennato, i pensieri e le informazioni della giornata vengono consolidate e integrate con altri ricordi e informazioni utili.
Le ricerche sulle vittime di traumi hanno dimostrato come attraverso la terapia EMDR sia possibile eliminare i sintomi senza il lavoro a casa richiesto da altre terapia. Tutto il lavoro, infatti, viene svolto durante le sedute di trattamento, e al paziente non viene necessariamente chiesto di descrivere nel dettaglio il ricordo.
È stato dimostrato che in un breve periodo di tempo possono avvenire cambiamenti significativi. A seguito di una preliminare raccolta dell’anamnesi e un momento di preparazione adeguati, tra l’84% e il 100% dei traumi possono essere elaborati nell’arco di circa tre sedute di novanta minuti. Ovviamente, all’aumentare del numero dei ricordi, aumenta il tempo necessario all’elaborazione. Tuttavia, non è necessario elaborare ogni singolo ricordo, in quanto l’elaborazione del ricordo principale spesso può innescare una rete di cambiamenti e, quindi, influenzare positivamente anche gli altri ricordi associati ad esso.
Conclusioni
In conclusione, è importante ricordare che, in presenza di un sintomo, di comportamenti, sensazioni o emozioni negativi, di solito c’è un’esperienza che li ha provocati o che contribuisce ad alimentarli.
Un’altra cosa che bisogna tenere in considerazione è che, anche quando i sintomi sono cronici o gravi, non necessariamente essi sottendono un trauma maggiore. Alla base di questi sintomi ci può essere stato anche un episodio che un adulto riterrebbe di scarsa importanza. Quindi, può trattarsi di un episodio traumatico solo dal punto di vista del bambino che all’epoca lo ha vissuto così.
È evidente che, spesso, all’origine di molti problemi psicologici ci sono le esperienze vissute durante l’infanzia. Ma è fondamentale sottolineare che si tratta di fatti accaduti in un periodo in cui non avevamo possibilità di scelta o di decisione. Inoltre, qualunque sia stato il comportamento dei nostri genitori, anche esso deriva dalle loro esperienze infantili e di vita.
Tuttavia, anche i modelli negativi più cronici possono essere spezzati. In quanto adulti responsabili e consapevoli, ora abbiamo il potere di prenderci cura di noi e di assumere il controllo di noi stessi.
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Psicologa clinica e psicoterapeuta a indirizzo cognitivo costruttivista, esperta in psicologia giuridica, CTU per il Tribunale di Brescia, formatrice. Si occupa di disturbi d’ansia, disturbo ossessivo-compulsivo, disturbi dell’umore, disturbi dell’apprendimento.