Sudorazione, palpitazioni, senso di soffocamento, dolori per tutto il corpo, brividi; associati a paura di impazzire, o di morire. Sembrano un “bollettino di guerra”, ma in realtà sono i sintomi di una sindrome sempre più diffusa: quella degli attacchi di ansia – o di panico, a seconda della gravità delle conseguenze. Un fenomeno di cui si parla più spesso, proprio perché è sempre più rilevante nella società moderna: uno stato assolutamente reversibile, da cui è possibile guarire. A patto di prendersi del tempo per andare a fondo del problema e sradicarlo.
Il corpo è tuo amico
La reazione “naturale” di chi si scopre vittima di attacchi di ansia/panico è quella di ridurre drasticamente la qualità della propria vita. Basta vacanze, basta uscite con gli amici e – in una spirale sempre più veloce e discendente – si smette di guidare l’automobile, di andare al supermercato: si abbandona il lavoro e ci si chiude in casa. Perché?
Perché chi ha subito un attacco di ansia/ panico ha orrore per la “perdita di controllo” sul proprio corpo e su se stesso e vive nella paura che possa accadere di nuovo: che il corpo possa “tradire” quando è meno opportuno che lo faccia – al lavoro, tra gli amici, alla guida. Meglio, quindi, stare a casa: unico luogo sicuro in cui si può gestire la “follia” del proprio corpo.
Il corpo, però, non tradisce: vuole istintivamente stare bene. Se manifesta disagio in maniera apparentemente incomprensibile è perché istintivamente – ancora prima di noi – sa che c’è qualcosa che non va e fa di tutto per dircelo. Anche in maniera dura.
La mente deve chiedere aiuto
E’ provato che chi arriva a subire un disturbo da panico ha quasi sempre dentro di sé qualcosa di irrisolto, che magari ha cercato di ignorare per molto, molto tempo. Situazioni familiari, personali, lavorative, sociali: la causa potrebbe essere qualunque cosa. Ma spesso chi soffre di ansia/panico non sa dove guardare – o non vuole.
La cosa migliore, in questi casi, è non fare finta di niente. La società spesso propone modelli di persone invincibili, che non hanno mai problemi, dubbi o incertezze: e questo finisce con lo sviluppare un senso di inferiorità e di colpa in chi invece problemi ne ha. La verità, invece, è ben diversa: tutti, nessuno escluso, hanno dei problemi e sono chiamati a gestirli. Rifiutare di farsi aiutare da persone competenti – come gli psicologi, o gli psicoterapeuti – per paura del giudizio degli altri è profondamente controproducente, perché spesso trascina per molto altro tempo una situazione difficilissima da gestire in autonomia.
Del resto, nessuno si sognerebbe mai di minimizzare il problema di una persona che, per esempio malata di cuore, andasse dal medico. Perché lasciarsi condizionare per altri tipi di disagio? Negare, tirare dritto e vivere “sottotono” sperando che prima, o poi la cosa passi da sé è il metodo migliore per aggravarla e trascinarla più a lungo.
Darsi e dare tempo e fiducia
Il cammino di chi vuole curare un disturbo da panico può essere lungo e delicato, perché per risolvere il problema deve andare prima a capire cosa lo causa e poi farci i conti. Bisogna farlo senza colpevolizzarsi, o sentirsi sbagliati, accettando che ci possono essere delle difficoltà e che si possono superare.
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Psicologa clinica e psicoterapeuta a indirizzo cognitivo costruttivista, esperta in psicologia giuridica, CTU per il Tribunale di Brescia, formatrice. Si occupa di disturbi d’ansia, disturbo ossessivo-compulsivo, disturbi dell’umore, disturbi dell’apprendimento.